Non rimborsabili dall’assicuratore della r.c. le spese di lite dell’assicurato che non si avvalga del patto di gestione della lite

Non rimborsabili dall’assicuratore della r.c. le spese di lite dell’assicurato che non si avvalga del patto di gestione della lite
17 Marzo 2020: Non rimborsabili dall’assicuratore della r.c. le spese di lite dell’assicurato che non si avvalga del patto di gestione della lite 17 Marzo 2020

Con l’ordinanza n. 4202/2020 la Corte di cassazione torna ad occuparsi del “patto di gestione della lite”, frequentemente previsto nei contratti di assicurazione della responsabilità civile.

In particolare la Suprema Corte si è pronunciata per la prima volta sugli effetti giuridici dell’autonoma decisione dell’assicurato di non valersi del patto in questione, per difendersi in proprio nel giudizio promosso nei suoi riguardi dal terzo danneggiato, nominando a tal fine un proprio difensore e propri periti di parte.

In tal caso (e addirittura quando la gestione della lite, pur offerta dall’assicuratore, venga rifiutata dall’assicurato) è assai controverso il diritto del primo di negare al secondo il rimborso delle spese di lite sostenute per resistere alla domanda del danneggiato in virtù della previsione contrattuale che per solito si accompagna al patto di gestione della lite, secondo la quale “la società non riconosce spese incontrate dall’assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati”.

Si sostiene, invero, che tale pattuizione si ponga in contrasto col disposto del terzo comma dell’art. 1917 c.c., per cui “le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata”, poiché tale disposizione è annoverata fra quelle che l’art. 1932 c.c. qualifica come inderogabili, “se non in senso più favorevole all’assicurato”.

Da parte di molti, infatti, si afferma che una clausola di tal genere, laddove esclude il rimborso delle spese dell’assicurato per avvocati e periti che abbia autonomamente designato, sia nulla perchè derogatoria di tale previsione in senso sfavorevole all’assicurato.

Essa vanificherebbe, invero, quella che la giurisprudenza reputa una vera e propria garanzia accessoria contro la perdita patrimoniale costituita dalle “spese di resistenza” (al riguardo, da ultimo, si vedano: Cass. Civ. nn. 3899/2016, 667/2016).

Con l’ordinanza in questione la Suprema Corte ha però affermato che così non è.

E, a riprova dell’importanza che ha attribuito alla questione, si è premurata di farlo benché avesse dichiarato inammissibile il motivo di ricorso proposto contro la sentenza impugnata.

Questa, confermando la decisione del Giudice di primo grado, aveva negato al ricorrente (un ortodontista) il rimborso delle spese sostenute per resistere all’azione di responsabilità professionale contro di lui promossa da un paziente (con conseguente chiamata in causa del proprio assicuratore).

Il ricorrente aveva censurato la sentenza impugnata per non aver accertato “se la società [avesse] o meno esercitato la facoltà di gestire in via esclusiva la lite, posto che solo nel primo caso [avrebbe potuto] rifiutarsi di rimborsare le spese di lite sostenute direttamente dall'assicurato”.

La Corte ha respinto tale critica partendo dalla constatazione per cui correttamente la sentenza d’appello aveva interpretato l’esclusione dell’obbligo dell’assicuratore di indennizzare avvocati e periti non da essa nominati non già “isolatamente considerata.., ma “nel contesto” dell’art. 10 delle condizioni generali di contratto”.

In altre parole, la Corte territoriale aveva ritenuto che tale clausola contenesse due patti contrattuali ben distinti, ma fra loro funzionalmente collegati e, quindi, da interpretarsi “l’uno per mezzo dell’altro”, come prescritto dall’art. 1363 c.c. (a proposito di tale criterio ermeneutico, da ultimo, si veda: Cass. civ. n. 21840/2019).

Su queste basi la Suprema Corte ha osservato che, per la sentenza impugnata, “ad essere legittimo … è non già, tout court, la clausola di esclusione del rimborso delle spese legali in sé e per sé considerata indipendentemente dalle restanti previsioni contrattuali, ma bensì il patto di gestione della lite e, per conseguenza, anche detta clausola in quanto ad esso correlata”.

E, quanto a tale interpretazione sistematica della clausola in questione ed alla validità dei suoi effetti giuridici, la Cassazione ha osservato quanto segue:

È appena il caso dunque in questa sede di ribadire che un tale patto (di gestione della lite) non si pone in contrasto con la previsione di cui all'art. 1917, comma terzo, cod. civ. (che pone a carico dell'assicuratore le spese c.d. di resistenza in giudizio sostenute dall'assicurato), dal momento che, con esso, si realizza comunque lo scopo voluto dalla norma, che è quello, per l'appunto, di tenere indenne l'assicurato dalle spese di resistenza in giudizio. Mette conto solo osservare che detta valutazione non può non estendersi anche alla clausola in virtù della quale, in presenza di detto patto, il diniego di rimborso da parte dell'assicuratore diviene giustificato ove l'assicurato decida di non avvalersi della difesa offerta direttamente dalla compagnia, trattandosi di ragionevole corollario di quel patto volto a tutelare il sinallagma contrattuale”.

In conseguenza, la Corte ha respinto l’argomento per cui il diniego del rimborso delle spese di lite dell’assicurato sarebbe giustificato solo nel caso che l’assicuratore gli offra di gestire la lite, ottenendone un rifiuto, e non anche quando, in assenza di una simile offerta, l’assicurato si limiti a difendersi in proprio:

È ben vero infatti che, come argomentato in ricorso, a giustificare l'esclusione del rimborso delle spese legali non può bastare la sola astratta previsione, quale accessorio del contratto di assicurazione, del patto di gestione della lite, ma occorre che di tale patto le parti abbiano anche manifestato la volontà di avvalersi e di renderlo concretamente operante con l'assunzione diretta da parte della compagnia della difesa legale dell'assicurato. L'indagine al riguardo però può e deve attingere dal comportamento di ciascuna delle parti contraenti e quindi anche del solo assicurato. Ebbene, come detto, la Corte di merito ha, nella fattispecie, accertato che l'assicurato ha deciso di non avvalersi della clausola di cui all'art. 10: scelta, ripetesi, in sé legittima e tale da rendere inoperante il diritto al rimborso
Come s'è detto, invero, la ricorrente assume che la Corte avrebbe dovuto, per affermare la legittimità del diniego del rimborso, accertare se la società avesse o meno esercitato la facoltà di gestire in via esclusiva la lite. In realtà, però, tale accertamento è nella specie reso superfluo dall'alternativo e assorbente accertamento della volontà dello stesso assicurato di non avvalersi del patto”.

Si noti che, in tal modo, la Cassazione fa derivare dal “patto di gestione della lite” una facoltà di cui possono valersi non già il solo assicuratore, ma entrambi i contraenti, e dunque pure l’assicurato (anche nel caso che questa, in concreto, non gli venga offerta dall’assicuratore).

E ciò anche se la formulazione letterale di molte clausole del genere potrebbe far pensare il contrario.

A questo proposito giova però rammentare che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto nella “gestione della lite” da parte dell’assicuratore una “lecita modalità di adempimento sostitutiva dell'obbligo di rimborso delle spese di resistenza posto dall'art. 1917, comma 3, c.c.” (Cass. civ. n. 14107/2019).

Dandone così una lettura del tutto coerente con la già rilevata interpretazione di tale obbligo in termini di obbligazione accessoria a quella principale dell’assicuratore della responsabilità civile ovvero di assicurazione accessoria contro la perdita patrimoniale rappresentata dalle spese di lite.

Questa ricostruzione del patto in esame pare del tutto coerente con una sua interpretazione secondo la quale possa valersene anche l’assicurato, in quanto creditore della suddetta prestazione accessoria.

Ed ovvio corollario di questa lettura è, poi, quello per cui il “patto di gestione della lite” può essere lecitamente correlato ad un’ulteriore previsione che escluda il diritto dell’assicurato stesso al rimborso delle spese di lite non solo nel caso in cui rifiuti la gestione della lite offertagli dall’assicuratore, ma pure quando si limiti a non valersi della suddetta facoltà, scegliendo di difendersi “in proprio”.

Quindi, i due patti correlati di cui s’è detto, secondo la Cassazione, non integrerebbero per l’assicurato una deroga in pejus dell’obbligazione di cui al terzo comma dell’art. 1917 c.c. e sarebbero perciò del tutto validi inter partes.

Col risultato pratico di facoltizzare l’assicuratore a rifiutare il rimborso delle spese “di resistenza” sostenute dall’assicurato ogniqualvolta questi non si sia avvalso del suddetto patto gestorio, scegliendo di difendersi in proprio.

Ed a prescindere dal fatto che lo stesso assicuratore gli abbia o meno offerto di assumere la sua difesa.

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